martedì 30 ottobre 2012

Il Gnocco di Allan Bay



Allan Bay parla di Gnocco

Il celebre giornalista gastronomico parla della pietanza modenese sul Corriere della Sera di domenica 28 ottobre.

Anche il noto critico gastronomico parla di gnocco nella sua rubrica domenicale sul Corriere della Sera, il cibo modenese ormai  è decisamente alla page se viene preso sempre di più ad esempio, anche da grandi nomi del giornalismo di settore, quando si parla di tipicità italiane da tutelare. In questo caso viene accostato alla “torta fritta” di Parma, pietanza molto simile a quella modenese, anch’essa sposata ai migliori affettati emiliani. Una nota stonata solo per quanto riguarda il procedimento:  Allan Bay concede molto credito all’olio, forse per la facilità con cui si rende reperibile e ai ben noti problemi legati all’odore che il fritto con lo strutto lascia nell’ambiente ?

 

di seguito un intervista ad Allan Bay :

Allan Bay, la casa che cucina,
qui lo spazio è al servizio del gusto

Carrello da bolliti anni '40 in soggiorno, Berkel anni '50 in sala, libri a tema in quantità, compresi i suoi, alle pareti.
di Annamaria Sbisà
 

Dalle 8 alle 20: 12 ore di lavoro e di cottura, nel luminoso appartamento in cui il critico scrive per gli altri, e prepara per sé. "Inciampare" in un certo Braudel, studioso della civilizzazione, gli ha cambiato la vita: da allora Allan Bay vede il mondo come una lunga storia. Quella economica, negli anni di marketing editoriale, ma anche quella dell’arrivo di un nuovo ingrediente, da quando la sua professione si é focalizzata tra i fornelli. Universo che racconta nei suoi scritti di critica culinaria, miscela di precisione, ironia e tanto studio: ricetta del Bay-pensare. Entrando nel suo appartamento al 18esimo piano, felice esempio di architettura anni ’60 firmata da Marco Zanuso, sembra di volare sulla città: "È un po’ come a New York, dall’alto diventa tutto più bello". L’ironia non abbandona Allan Bay nemmeno in una giornata di pioggia. Ma ritroviamo anche la precisione, ben rappresentata dagli attrezzi sofisticatissimi che scopriremo, e l’amore per la storia, custodito nelle librerie che foderano la casa. A partire dall’i ngresso, volumi d’economia e un mare di bastoni: «Li ho cercati insieme a mia sorella per il compleanno del papà, con la fatica di arrivare a 60…».
Sarà sempre un oggetto, o una collezione, a segnare il territorio, basta seguire il percorso. In soggiorno, a sinistra, un vecchio carrello per bolliti in “argentone”, con coperchi a cupola, tagliere e salsiere, brilla di luce propria: «Credo di averlo usato due volte in vita mia, lo tengo per bellezza». L’occhio cade tra i riflessi, in effetti, ma non si può trascurare il fascino della concorrenza: il maiale sulla destra, una grande testa rosa sul tavolo: «È stata una lunga trattativa con l’Oro dei Farlocchi, era l’insegna di un negozio inglese». D’altronde, se omaggia il cibo preferito… «Il maiale mi piace in tutte le sue salse, ma non c’è niente di meglio al mondo di un grosso bovino».
Eppure la collezione tra gli scaffali, sembra testimoniare a favore del suino. «Me li regalano alle feste comandate, ormai lo adoro ufficialmente». Lui si regala piuttosto ceste in bambù, minimalismo giapponese assoluto. Sono comunque i libri a dominare la scena, spiccano antiche edizioni dell’Orlando Furioso raccolte da sua madre. Ma la curiosità porta inesorabilmente verso la cucina. Passiamo intanto dalla sala da pranzo, dove l’affettatrice rosso fuoco, una Berkel anni ’50, segna la stanza. Le pareti, con un bel contrasto ferroargento, archiviano una marea d’oggetti in una struttura industriale: una luminosa tappezzeria. «Qui mi diverto a fotografare i miei piatti, quindi raccolgo le bizzarrie che uso. Piccola follia, le casseruole in argento: materiale perfetto per cucinare, prezzo escluso».
Ma c’è tanto altro ad aiutare Allan Bay nella cottura. Entriamo nell’enorme cucina con vetrata e vediamo l’abbattitore di temperatura: uno “shock freezer” che fa durare un pezzo di carne anche per un mese, se congelato e messo sottovuoto appena cotto. In questa stanza grande come una sala da ballo, tecnologica come una base Nasa, decorata da nature morte come un salotto, articolata come il backstage di un ristorante, c’è tutto. Anche l’apparecchio per l’anatra alla pressa (per strizzarla ed estrarne un succo): «Ero in Puglia, ho trovato quella che usavano per l’olio, funziona. La cucina é grande artigianato, da inquadrare nel contesto storico».
Qui aiuta quello prettamente logistico. La stanza sembra una piazza dove le vie si diramano tra piani di lavoro, elettrodomestici carrelli porta attrezzi. D’altronde, tenendo presente che il critico accende alle 8 del mattino sia il computer che i suoi fascinosi — pur se imprecisi , dice — fuochi francesi in ghisa, e magari rosola un ragù alla napoletana fino alle 18, a fuoco dolcissimo, spazio e attrezzi sono necessari. Per i suoi scritti, e per i suoi piatti: «Mangio bene anche se sono solo». Per finire, il dessert? «I dolci non li ho mai capiti fino in fondo». Vince sempre la carne, maiale compreso.

postato Repubblica.it

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