martedì 16 ottobre 2012

V.M.Manfredi & il Gnocco



 Il Gnocco dell'Infanzia
di Valerio Massimo Manfredi






Quando ero bambino quasi tutto quello che si mangiava era fatto in casa, incluso il pane e il burro.
Il parmigiano lo faceva il nostro casaro.
Io e mio fratello avevamo un carrettino fatto da
mio padre e trainato da un cane lupo che usavamo per portare il bidone del latte ogni sera al caseificio.
Il cane lo guidavamo con le redini fissate alle stanghe e con la voce. Tutti i bambini del paese ci invidiavano per quel mezzo di trasporto così originale e di fatto unico, e quando
attraversavamo un borghetto poco distante era difficile tenerli lontani perché tutti volevano salire, anche solo per pochi metri.
Il pane lo faceva la nonna con la gramola e siccome io ero un po’ inappetente confezionava una pagnottella solo per me condita con l’olio d’oliva e a forma di colomba, almeno
nelle intenzioni. Le piume le ricavava con la punta delle forbici. Somigliava così più a un porcospino, ma era così buona che ne sento ancora il sapore.
A un certo punto non potemmo più continuare a cuocere nel nostro forno perché l’unica legna era quella delle piante da frutto e non si potevano utilizzare. Lo facevamo quindi cuocere al forno in paese e ancora utilizzavamo il nostro cino-trasporto arrivando fino in pieno centro.
Ma finì anche quell’epoca perché il fornaio non guadagnava abbastanza fornendo solo la cottura e da quel giorno – forse sarà stata un’impressione – il pane non ebbe più lo stesso
profumo e dopo un giorno era secco e duro mentre prima durava quasi una settimana.
In teoria si sarebbe dovuto spezzarlo nel caffelatte la mattina da colazione ma io avevo ormai le mie preferenze: la crescente, che era la versione bolognese del gnocco fritto.
La stessa serviva poi per lo spuntino di mezza mattina a scuola, farcita con due fette di prosciutto tagliato a mano.
Un ragazzo di una famiglia di contadini, che abitava a circa
trecento metri da casa mia, aveva con s
é lo stesso spuntino, ma la sua crescente costituiva una variante di notevole interesse in quanto era più gonfia e più gialla, di un bel colore zafferano
e ancora oggi mi chiedo se non fosse quello il segreto di quel colore, ma ne dubito visto che lo zafferano ha sempre avuto un costo molto elevato. Una delle ipotesi di mia madre è che si
trattasse di banale bicarbonato. Sta di fatto che a me piaceva la crescente del mio compagno e a lui piaceva la mia per cui appena ci si trovava si procedeva all’equo scambio alimentare.
Lui però spesso non si fermava lì, e una volta giunto a scuola non di rado accettava un ulteriore scambio con la focaccina dolce industriale che altri compagni acquistavano al forno. Potenza della suggestione!
Qualche volta la crescente della prima colazione veniva insaporita con la saba, mosto d’uva concentrato e aromatizzato con bucce d’arancio, se ricordo bene.
Una volta cresciuto e istruito nelle lettere antiche scoprii che la parola viene dal latinosapa, da cui anche l’inglese sap con cui si indica lo sciroppo d’acero da mettere sui pancakes.
Trovai anche il termine nel manuale di cucina di Apicio, con la variante di sapa acida che doveva somigliare moltissimo al nostro aceto balsamico. Anzi, l’unica ricetta di Apicio che io abbia trovato commestibile è la perna cum sapa acida al forno, che potremmo forse tradurre con “prosciutto al forno all’aceto balsamico .
Ecco quindi i profumi della mia infanzia: soprattutto quello del pane cotto al forno con ramaglia di biancospino che riempiva le strade di campagna e metteva appetito solo a sentirlo.
In questi casi si è soliti dire che è solo nostalgia dell’infanzia o della giovinezza, eppure qualcosa di autentico c’era: la lunga fatica dell’impastare, che probabilmente portava molta aria nella massa, e poi la qualità del grano e della farina e la sapiente arte dell’infornare e del cuocere.
Quando ho costruito la mia casa ho voluto un forno a legna che è rimasto inutilizzato per quasi quattro anni; poi, qualche giorno fa, mio figlio di 22 anni lo ha acceso, lo ha sorvegliato attentamente e poi ci ha cotto la pizza per tutti e alla fine una pagnotta di pane.
La pizza era eccellente, il pane un po’ meno ma sono sicuro che la prossima volta sarà meglio, e poi chissà, forse riavremo quei sapori e quei profumi per mano di una generazione
ignara ma curiosa.

Tratto dal volume Confraternita del Gnocco d'Oro Artestampa 2011

Nessun commento:

Posta un commento