venerdì 21 dicembre 2012

I CUGINI: "SCIATT"

I CUGINI
del
GNOCCO :
Ormai è ufficiale : si frigge in tutta Italia !
Continua il censimento dei cugini del Gnocco Fritto,
ovvero le specialità tipiche italiane simili alla pietanza geminiana

gli Sciatt della Valtellina
Croccanti frittelle di grano saraceno
di forma tondeggiante con un cuore di Bitto fuso.



Ancora una missione conclusa con onore da parte di un ristretto manipolo di Cavalieri de Gran Gnoc indomiti, rientrati nella notte dalla Valtellina portando con sé una delle perle della gastronomia di quella regione antica. Dopo aver rifocillato i destrieri, provati dalla lunga tratta, hanno finalmente potuto riposare ma non prima di aver condiviso con la Confraternita le delizie portate con loro da quei territori incontaminati. Certo quando si è lontani dalla propria magione spesso si vorrebbe al ritorno gustare i cibi della memoria (in questo caso gnocco fritto ben caldo), ma come resistere a questo antico cibo delle montagne lombarde, cosi gustoso ? Le bisacce colme sono state svuotate in un battibaleno, contenevano i prelibati “Sciatt” antica specialità della cucina povera della Valtellina e della Valchiavenna. Letteralmente Sciatt, che in dialetto valtellinese, vuol dire rospo. Il nome deriva dalla gobba creata dal ripieno, che li rende somiglianti a sciatt, cioè a rospi. Altri, pur riferendo il termine alla forma irregolare delle frittelle, lo vogliono sincope dialettale di sciadatto = già adatto, cioè senza forma, vicino all'italiano sciatto. Gli sciatt sono però delle frittelline croccanti di forma tondeggiante con cuore di formaggio fuso (Bitto o Casera), solitamente servite su letto di cicoria. Originariamente, gli sciatt erano tipici del solo paese di Teglio, ma vengono oggi considerati una specialità dell'intera valle. Una miscela di farina di grano saraceno e farina bianca viene impastata utilizzando birra, o acqua gassata fino ad ottenere un composto non troppo liquido, al quale andranno uniti il formaggio Bitto o Casera tagliato a dadini, il pane grattugiato, un pizzico di lievito e la grappa (facoltativa).




Ingredienti (per 4 persone):
- farina di grano saraceno gr. 200
- farina bianca gr. 100
- formaggio Valtellina Casera o Bitto  gr. 250
- acquavite 1 bicchierino
- acqua minerale gassata q.b.
- olio per friggere
- sale.

Preparazione:
miscelare in una ciotola le farine, la grappa e il sale, aggiungendo acqua minerale, fino ad ottenere un impasto non troppo morbido. Tagliare il formaggio "Casera" a cubetti (di circa 2 cm di lato) ed immergerli nella pastella. Raccogliere con un cucchiaio un cubetto di formaggio alla volta, adeguatamente ricoperto dall’impasto, e lasciarlo cadere nell’olio bollente. Far colorire gli sciatt e scolarli. Servire gli sciatt molto caldi adagiati su un letto di cicoria tagliata finemente e condita con olio e aceto. Si consiglia di lasciare riposare la pastella per due ore prima di friggere.


La cucina valtellinese
è stata condizionata nella sua storia dalla povertà della sua gente e della genuinità degli ingredienti. A fianco della selvaggina, piatto che si trovava solo sulle poche tavole dei nobili e dei religiosi, sono nati molti sono i piatti legati alla vita del mondo contadino. Erano fatti con semplici ingredienti, e legati al ciclo delle stagioni ed ai suoi raccolti. Tra gli alimenti contadini spicca ed eccelle il formaggio Bitto ingrediente principale per la famosa polenta taragna, da gustare anche stagionato. Mortadelle, salsicce e salami prodotti da abili macellai locali, nei freddi mesi invernali, che uccidevano il grasso maiale e lo trasformavano in prelibati salumi. Non si può non citare altri piatti rinomati e diffusi in tutta la Valtellina, i pizzoccheri, gli sciat e i meno conosciuti malfatti. La buona cucina tradizionale propone il pane di segale, la bresaola e la bisciola per citare i piatti più diffusi, ma gli abitanti vanno fieri anche dei loro funghi porcini utilizzati freschi, sott'olio o secchi nel risotto. Dagli alpeggi circostanti giungono in tavola anche altri freschi formaggi. Tutti ottimi e saporiti, oggi anche di capra.

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